L'ARATURA E LA SEMINATURA

Conosciuto fin dai tempi più antichi, l’origine dell’aratro è legata al sorgere delle prime forme di agricoltura organizzata, quando cioè l’uomo sentì l’esigenza di programmare la raccolta reperendo, in spazi ristretti e col suo lavoro adattati nel modo più favorevole possibile, i generi per la propria sussistenza. In epoca non definibile, ma sicuramente prima della VII dinastia dei Faraoni, il bue sostituì l’uomo nel traino dell’aratro.
L’invasione ittita dell’Egitto (2500 a.C.) cambiò ulteriormente il modo di arare, sostituendo al bue il cavallo. Intorno al 1500 a.C. circa, si può datare la comparsa dell aratro con una o due ruote, che rese più snello il progredire ed ottenne nel contempo un miglioramento del rendimento della produzione agricola. I primi disegni di aratri in legno con punta in ferro li ritroviamo, invece, già nelle tombe degli antichi faraoni, anche se è presumibile pensare che tale accorgimento tecnico fosse già stato introdotto dai Dori, scopritori del ferro, all’incirca all’epoca della distruzione della civiltà micenea.

In epoca romana l’aratro fu utilizzato per preparare il campo alla semina del grano, dei ceci e delle fave, per dissodare e delimitare i campi e i confini: il solco tra Romolo e Remo su cui nacque Roma fu disegnato da un aratro.

L’aratro tutto in ferro ebbe la massima diffusione in Europa agli inizi del 1800. L’attrezzo si compone di vari elementi: il vomere, la parte più importante, taglia la terra e la rovescia, il ceppo o dentale, è la base dell’aratro e regge il vomere, il versoio o ala rovescia la zolla di terra tagliata, la stiva, asta applicata alla parte posteriore della bure, serve per la guida dell’aratro, la bure o stanga collega l’aratro alla forza motrice il profime regola la profondità dell’aratura, il coltro o coltello, inclinato in avanti, anteriormente al vomere, divide la terra e soprattutto taglia lo strato erboso.

All’aratura era legata anche la concimazione dei campi. Il letame da stalla costituiva il più importante additivo per potenziare lo sviluppo delle colture.
L’operazione dell’aratura si effettuava in tempi diversi a seconda del tipo di produzione. Nei campi coltivati a frumento iniziava a metà giugno, subito dopo si distribuiva lo stallatico e si arava una seconda volta. Le terre destinate a frumento dovevano essere pronte per i primi di novembre.
Ogni aratura è da ritenersi una ripulitura della terra dagli agenti infestanti ed un arricchimento in azoto ed ossigeno, il gelo poi frantumando la zolla, la rende polverosa e la depura dagli insetti. Nelle campagne l’utilizzazione del bue per l’aratura è scomparsa da non molti decenni.

Le bestie, direttamente attaccate all’aratro, venivano accompagnate da due persone, l’una le spingeva, l’altra reggeva l’aratro.
Si trattava in genere di bestie pesanti, capi da tiro grossi e ingombranti, detti buoi da timone, accompagnati dalle bestie da punta, dalle forme più gradevoli e che al momento del macello davano rese più elevate.
Nelle montagne invece, prima dell’avvento delle macchine a motore, sono sempre stati il mulo od il cavallo ad aiutare l’uomo nel dissodare i campi. Oggi, nelle nostre realtà rurali, la meccanizzazione agricola ha eliminato l’utilizzazione di ogni forma di energia animale, e forse l’uomo ha perso un’ulteriore occasione di contatto e di dialogo con la natura.