AREA DEL LINO E DELLA CANAPA

Coltivati sin dall’antichità, lino e canapa sono piante dalle fibre robuste, che si possono lavorare per realizzare corde e stoffe resistenti, ma anche tessuti molto più sottili.

In tempi più recenti il cotone e le fibre sintetiche hanno soppiantato queste fibre naturali, segnando di fatto il declino della coltivazione e dell’utilizzo delle piante da cui esse derivano. Nel museo sono conservati gli attrezzi che servivano per la coltivazione e la lavorazione di queste piante dove spicca ovviamente il Telaio mezzo con cui i contadini riuscivano a produrre la stoffa che serviva per il corredo e per vestirsi nella vita di tutti i giorni.

Il lino era un tessuto destinato alle classi sociali agiate per la realizzazione dei capi di biancheria e d’abbigliamento per la stagione calda; con esso si produceva anche una tela finissima detta batista, il cui nome si dice derivasse da tal Baptista da Cambragio (Cambray) che ne fu l’ideatore.

La produzione del lino in Italia era limitata a poche zone del settentrione quali il cremonese, la bassa lombarda e piemontese; era forse questa scarsa diffusione a rendere un capo di lino puro inaccessibile ai più.
La biancheria e la camicia della gente comune erano invece di canapa solitamente mista a lino, che ne mitigava la ruvidità contro la pelle nuda.
Il cotone (dall’arabo al-qutn) era per il XIII sec. una novità: novità che gradualmente si stava facendo posto tra i più diffusi lino e canapa. La Sicilia, che per prima poté beneficiarne grazie agli Arabi che lì lo trapiantarono, ne produceva quantità limitate e Venezia, che ne fu importatrice di grandi quantità dalla Siria e da Cipro, furono probabilmente tra le zone di maggior diffusione di tale materia.
Il cotone, o bambagia, era probabilmente usato più come componente aggiuntivo e rafforzativo assieme a lana, lino e canapa per la produzione di tessuti misti, che non da solo; questi tessuti, conosciuti sotto il nome generico di pignolati, erano di poco prezzo e d’uso comune.