LA CONCIA
Sulla tecnica conciaria medievale esercitata in varie parti d’Italia possiamo riferirci più o meno a quanto si faceva a Venezia, basandoci su alcune norme fissate nel più vecchio degli statuti corporativi e ricordando anzitutto che in un primo tempo le pelli da sottoporre a lavorazione erano solo di due tipi, e cioè quelle di montone dette moltoline e quelle di capretto denominate beccune.

Informazioni abbastanza dettagliate si leggono nello statuto del 1401 che però sostanzialmente ripete quanto era stato fissato nei precedenti capitolari. Si prescriveva di eseguire, prima della concia, una raschiatura, lavatura, pulitura ad opera dello scorzèr che poi passava le pelli nel calcinaio nel quale dovevano rimanere per uno o due giorni. Dopo scolatura si rimettevano nel calcinaio per altri otto giorni o più, secondo la stagione, trascorsi i quali, deposte sul cavalletto si spelavano accuratamente. Quindi si gettavano nel canale tenendovele per quattro o cinque ore, si estraevano e sgocciolavano ed ognuna veniva poi cucita a forma di otre, lasciandovi un’apertura per introdurvi l’estratto conciante. Chiusa l’apertura si passava alla prima concia ponendo le pelli in un tino contenente una soluzione di estratto di vallonea entro il quale il materiale si teneva in movimento per quattro o cinque ore.” Dopo estrazione si ponevano le pelli su cavalletti, indi si sottoponevano ad opportune lavature poi ad esposizione sul galàro ove si cospargevano di vallonea sfarinata in polvere fine, e qui restavano per circa tre mesi o più. Passavano quindi per un certo tempo a stagionare in una soffitta asciutta e finalmente erano giudicate pronte per entrare in commercio.
Qui abbiamo riassunto un po’ succintamente le prescrizioni dello statuto, ma in realtà esse sono più dettagliate e, a volte, in altre operazioni di concia vegetale s’impiegavano fino a ventiquattro mesi.
Ora non tratteremo a lungo di ciò che avveniva in quegli anni anche fuori d’Italia, tuttavia daremo qualche notizia di alcuni avvenimenti accaduti in altri paesi europei.

In Germania, come si è già ricordato, tra le prime società di lavoranti delle pelli vi furono quella di Magdeburgo sorta nel 1150 e quella di Worms risalente al 1233; seguì, a quanto ci risulta, quella berlinese, denominata degli Schuster, ossia del calzolai, del 1284.

A queste seguirono quelle di Offenbach del 1388 e quella di Colonia del 1356, i cui iscritti erano specializzati nella concia all’allume per fare cuoio bianco. In alcune corporazioni tedesche esistevano delle curiose consuetudini, come per esempio quella di imporre agli artigiani in cerca di lavoro di portare un grembiule di cuoio, anche se questo non era necessario durante il loro eventuale lavoro.

In Baviera i conciatori dovevano provvedersi di pelli solo acquistandole all’ingrosso e non al minuto, mentre ciò era consentito solo ai maestri calzolai, secondo un editto del 1290 ribadito nel 1297.
In molte città che non erano dei veri e propri centri dell’arte conciaria, i conciapelli ed i calzolai erano riuniti in un’unica corporazione. A Brema questa unione era in vigore fin dal 1388.

Precise norme esistevano in certi luoghi sul noviziato e sul periodo del lavoro ambulante dei garzoni, così come sul perfezionamento dei lavori degli apprendisti presso i maestri.
Il tempo dell’apprendistato era fissato generalmente in tre anni e così pure il periodo del lavoro ambulante; ma se gli aspiranti erano figli di maestri conciatori la durata era di sei anni. Novizi ed apprendisti vivevano per lo più presso i maestri e dovevano partecipare ai lavori di casa. Questi garzoni, finché non trovavano occupazione nel loro luogo d’origine o in altra città, potevano essere ospitati in particolari alloggi che ogni categoria artigiana organizzava anche in comunità con altre; qui i maestri in cerca di apprendisti potevano andare ad assumerli impegnandosi ad ospitarli in modo appropriato. Qualora un aspirante non avesse trovato lavoro la corporazione gli somministrava una sovvenzione.

Altri usi relativi ai garzoni conciatori sono citati in alcune canzoni popolari tedesche.
In Austria le prime notizie sulle corporazioni di conciatori risalgono al 1220 e precisamente all’anno in cui fu fondata quella di Freisach in Carinzia; a questa ne seguirono altre numerose, tra le quali quella di Vienna, dove già nel 1330 esisteva una Lederstrasse, ossia una Via del Cuoio. Gli statuti più antichi che si conoscono dell’arte conciaria viennese portano la data del 1435.
Nelle case dei contadini non mancava mai un telaio. Soprattutto durante l’inverno l’attività delle donne si svolgeva tra la cucina e il telaio dove si tessevano i panni per tutti gli usi: dalle vesti alle coperte, dalle lenzuola alle tele grezze per i sacchi.
I contadini seminavano il lino e la canapa le cui piante, raccolte e sfibrate durante l’estate, venivano filate e tessute durante l’inverno.
La semina del lino si faceva nel mese di ottobre. A giugno le piante venivano estirpate, raccolte in manipoli (“mannelle”) e messe a macerare per quindici giorni. Tolte dall’acqua e fatte asciugare al sole, le fibre venivano cardate e frantumate.Si procedeva quindi all’orditura, alla tessitura e alla sbiancatura della tela.
Lo strofinatoio serviva per separare i semi dagli steli, la mazzuola e la gramola per rompere la fibra, gli scardassi per effettuare la pulitura ed eliminare i residui legnosi troppo corti.

La fibra di lino o di canapa o la stoppa, avvolta alla conocchia, veniva filata tramite fuso e poi ammassata all’aspo. La matassa veniva inserita nell’arcolaio e il filo, dipanato, si avvolgeva ai cannelli e cannellini tramite il filatoio.Da una rastrelliera, su cui sono disposti i cannelli, i fili venivano allungati sui pioli dell’orditoio.Due sono i telai messi in funzione, uno orizzontale e l’altro verticale.
Il telaio è composto da vari pezzi: i due subbi sui quali si avvolge l’ordito, i licci e i pettini, attraverso i quali passano i fili, i pedali che consentono l’aprirsi alternato dell’ordito e lo scorrere della spola al suo interno, la cassa che avvicina il filo della trama per formare la tela.
La sbiancatura cominciava a casa facendo la “colata” di cenere, poi veniva continuata al fiume bagnandola e stendendola al sole ripetutamente.